La Corte costituzionale si pronuncia sul caso ITA Airways (sentenza n. 99/2025)

Con ordinanza del 18 giugno 2024, il Tribunale di Roma, in funzione di giudice del lavoro, sollevava questioni di legittimità costituzionale dell’art. 6 d.l.  29 settembre 2023, n. 131 (Misure urgenti in materia di energia, interventi per sostenere il potere di acquisto e a tutela del risparmio), in riferimento agli artt. 3, 24, primo comma, 102, 111, primo e secondo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. La norma censurata, che detta «disposizioni di interpretazione autentica in materia di cessione di complessi aziendali da parte di aziende ammesse alla procedura di amministrazione straordinaria», prevede che l’art. 56, comma 3-bis, d.lgs. n. 270/1999 si interpreta nel senso che si intendono in ogni caso operazioni effettuate in vista della liquidazione dei beni del cedente, le quali non costituiscono trasferimento d’azienda, di ramo o di parti dell’azienda agli effetti previsti dall’art. 2112 c.c., le cessioni poste in essere in esecuzione del programma di cui all’art. 27, comma 2, lett. a) e b-bis), d.lgs. n. 270/1999 (ossia, rispettivamente, il programma di cessione dei complessi aziendali e il programma di cessione dei complessi di beni e contratti), qualora siano effettuate sulla base di decisioni della Commissione europea che escludano la continuità economica fra cedente e cessionario.

Il giudizio a quo verteva sulle domande di alcuni dipendenti di Alitalia – Società aerea italiana spa in amministrazione straordinaria, i quali chiedevano di accertare il loro diritto a proseguire i rapporti di lavoro con Italia trasporto aereo spa – ITA Airways, ai sensi dell’art. 2112 c.c., in ragione dell’avvenuto trasferimento a quest’ultima del ramo di azienda (lotto aviation) cui detti rapporti afferivano. Ad avviso del giudice rimettente, la norma di interpretazione autentica sopra richiamata avrebbe precluso l’applicazione delle garanzie invocate dagli attori, predeterminando l’esito della controversia.

La Corte Costituzionale, attraverso un’ampia e articolata argomentazione nella quale si sofferma sugli interventi normativi e regolamentari intercorsi negli anni e pertinenti alla specifica vicenda posta al vaglio del rimettente, sottolinea che il paradigma esclusivo di riferimento per la soluzione del caso è costituito dall’art. 56, comma 3-bis, d.lgs. n. 270/1999 – a norma del quale le operazioni di cui ai commi 1 e 2 (ossia la prosecuzione dell’esercizio dell’impresa e la dismissione o cessione dei complessi aziendali) effettuate in attuazione dell’art. 27, comma 2, lettere a) e b-bis), d.lgs. n. 270/1999, in vista della liquidazione dei beni del cedente, non costituiscono comunque trasferimento d’azienda, di ramo o di parti dell’azienda agli effetti di cui all’art. 2112 c.c. ; evidenzia – convincentemente – che occorre avere riguardo al contenuto dei piani predisposti dai commissari per tracciare, in base a criteri predeterminati e oggettivi, la linea di confine tra le procedure con finalità conservativa e quelle con finalità liquidatoria; rileva, infine, che il programma predisposto dai commissari è disancorato dalla prosecuzione dell’attività d’impresa e dalla sua riorganizzazione e tende, in ultima istanza, alla cessione dei complessi aziendali secondo procedure assoggettate a vincoli stringenti. In altre parole, la prosecuzione, lungi dal perseguire una finalità di risanamento e di ristrutturazione, è preordinata a salvaguardare il valore produttivo dell’impresa, in vista della sua definitiva alienazione, avendo i commissari straordinari adottato un programma finalizzato esclusivamente allo spossessamento dell’azienda e alla liquidazione dei beni del cedente.

Riassumendo, secondo la Corte, i plurimi elementi del caso di specie esaminati contraddicono la supposta natura conservativa della procedura, mentre è proprio la dichiarata natura liquidatoria della procedura di amministrazione straordinaria oggetto del giudizio principale ad attrarre la fattispecie nell’ambito di operatività dell’art. 56, comma 3-bis. Non rileva che il legislatore, con la disposizione di interpretazione autentica censurata, abbia integrato la previsione in esame, affiancando la fattispecie delle cessioni di complessi aziendali, di beni e contratti, effettuate sulla base di decisioni della Commissione europea che escludano la continuità economica fra cedente e cessionario, a quella, già regolata e applicabile giudizio de quo, delle cessioni poste in essere in esecuzione dei programmi di cui alle lettere a) e b-bis) dell’art. 27, comma 2, d.lgs. n. 270/1999.

L’art. 56, comma 3-bis, d.lgs. n. 270/1999 trova quindi applicazione nel giudizio a quo a prescindere dalla norma di interpretazione autentica censurata, che non rileva ai fini della decisione in tale giudizio.

Alla luce di quanto sopra, la Corte dichiara inammissibili tutte le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal tribunale remittente.

Leggi la sentenza n. 99/2025 della Corte costituzionale

https://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?param_ecli=ECLI:IT:COST:2025:99

[Alessandra Zanardo, 10 luglio 2025]