La CGUE sul dovere del tribunale fallimentare di valutare d’ufficio l’abusività delle clausole contrattuali

La CGUE (Quarta Sezione, Wiszkier, causa C-582/23), con sentenza del 3 luglio 2025, si è pronunciata sulla possibilità, per il tribunale fallimentare di Lodz, incaricato di elaborare un piano di rimborso dei crediti ammessi allo stato passivo del soggetto dichiarato fallito, preventivamente formato ed approvato dal giudice commissario nelle forme previste dalla legge nazionale, di rilevare la presenza, nel contratto di mutuo dal quale la maggior parte dei debiti sia stata originata, di clausole abusive idonee a determinarne la nullità, così da ridurre conseguentemente, o escludere, il credito della banca già ammesso al passivo. Secondo la Corte di giustizia, l’art. 6, par. 1, e l’art. 7, par. 1, della direttiva 93/13 ostano ad una normativa nazionale, come quella polacca, che

  1. preveda che l’elenco dei crediti, approvato da un organo giurisdizionale che non abbia esaminato la questione del carattere eventualmente abusivo delle clausolecontenute in un contratto di mutuo sul quale si fonda un credito iscritto in detto elenco, sia vincolante per il tribunale fallimentare, che può soltanto sollecitare il giudice commissario ad effettuare un riesame delle clausole sospette e a modificare, se necessario, l’elenco dei crediti, senza potere valutare il carattere abusivo delle clausole di cui sopra, né modificare l’elenco;
  2. non prevedala possibilità per il tribunale fallimentare di adottare provvedimenti provvisori diretti a regolare la situazione del fallito in attesa di una decisione che concluda l’esame della questione concernente il carattere abusivo delle clausole de quibus.

La decisione si pone in continuità con quanto ritenuto dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con sentenza n. 9479 del 6 aprile 2023, secondo cui: (i) il giudice del procedimento per decreto ingiuntivo deve verificare anche d’ufficio l’assenza, nel contratto posto a base della richiesta, di clausole abusive, e deve fornire motivazione in tal senso nel proprio provvedimento, rigettando, invece, la domanda, ove il contrasto venga ravvisato; (ii) qualora, invece, il decreto ingiuntivo non contenga, nella sua motivazione, la valutazione dell’assenza del carattere abusivo della clausola negoziale sulla quale esso sia fondato, la verifica dev’essere condotta anche d’ufficio dal giudice dell’esecuzione, il quale, ove rilevi l’esistenza di profili di abusività, deve informare le parti della facoltà di proporre opposizione al decreto ingiuntivo, ai sensi dell’art. 650 c.p.c., nel termine di 40 giorni dall’informazione, e deve sospendere la vendita o l’assegnazione del bene o del credito oggetto di esecuzione fino alla vana scadenza del predetto termine o alle determinazioni del giudice dell’opposizione sull’istanza ex art. 649 c.p.c.

Leggi la sentenza Wiszkier della CGUE

[Stefano Pugliese, 30 luglio 2025]